Stefania Colombo/ ottobre 12, 2017/ articoli, Dominique Cappa/ 0 comments

“cammina con passo leggero, ascolta con attenzione, guarda con tenerezza e tocca con rispetto … La persona gentile sa che la vera crescita richiede nutrimento, e non forza … Essere gentili significa anche essere amorevoli; significa offrirsi in una relazione in cui il riconoscimento del valore umano dell’altro fa in modo che anch’egli riconosca in sé questa dignità, unitamente alla propria identità, ruolo e funzione, e che ciò lo aiuti a realizzare “se stesso”. L’uomo gentile lo è sin dal suono dei suoi passi, ma lo è anche nei modi, nei toni, nei suoni, nelle parole, nelle attese e nelle azioni, nel rimprovero, nel monito, nell’indicar la via, nel saluto e nella richiesta, nel dir la verità o nel tacere.

La gentilezza ha il dono di rendere irresistibilmente degno il messaggio e il messaggero.” 

 Da “La forza della gentilezza” P. Ferrucci, edizioni Mondadori

Proviamo a chiudere gli occhi e immergiamoci nel nostro respiro, e scopriamo se ci è possibile andare a contattare la gentilezza che è dentro di noi. Vediamo se ci è possibile offrila a noi stessi e poi alle persone che ci circondano…

Si, la gentilezza è un sentimento profondo, non sempre facilmente accessibile.

In un clima culturale e sociale improntato al narcisismo, si può inizialmente immaginare che sia semplice rivolgere un’attenzione gentile a sé stessi.

In realtà non è così, anzi, questa è la parte più difficile: molto spesso possiamo accorgerci dei pensieri svalutanti o rigidi che nutriamo verso noi stessi e che non ci permettono di attingere al naturale sentimento di gentilezza che fa parte della nostra natura umana.

A volte per recuperare quel sentimento è più facile rievocare ciò che proviamo per qualcun altro.

La gentilezza comprende diverse componenti quali il calore, la generosità, l’empatia.

E’ una predisposizione d’animo che si caratterizza per un’apertura (a sé e agli altri) e una dedizione di sé stessi all’altro, seppure in modo transitorio.

Questo sentimento non ha fretta e impazienza o ruvidezza..

Possiamo sentirla anche solo dando una semplice indicazione stradale, dedicando interamente noi stessi per quel breve istante alla persona che ci chiede un’informazione.

La gentilezza autentica richiede una forza interiore individuale: solo se si è coltivata la propria forza si può correre il rischio di aprirsi e di “dedicarsi” senza paura e senza la necessità di essere arroganti e presuntuosi.

Non dimentichiamo che al giorno d’oggi vige l’elogio della aggressività, della prepotenza e della competizione non sana. La gentilezza può essere scambiata per debolezza: debolezza verso di sé e verso gli altri.

Naturalmente non si sta parlando di una gentilezza che sia solamente formale, i sorrisi stereotipati o la gentilezza manipolatoria. E nemmeno il buonismo o l’incapacità di dire dei no, anzi! Questo sarebbe una rinuncia di sé.

Gentilezza non può non accompagnarsi a rispetto, e il rispetto verso sé stessi e gli altri comporta necessariamente l’autenticità e di conseguenza la capacità di porre dei confini: sì autentici e autentici no.

Altrimenti parliamo di compiacenza: un modo per nascondere sé stessi dietro una facciata di gentilezza.

Sono ormai numerose le ricerche scientifiche che dimostrano come l’altruismo, la cooperazione, la generosità, l’empatia, le varie sfaccettature della gentilezza, fanno parte della nostra natura umana e della nostra storia evolutiva.

Altrettante e ormai numerose ricerche dimostrano anche che coltivare la gentilezza, per esempio attraverso delle apposite meditazioni, migliora lo stato di salute emotivo in maniera significativa e scientificamente dimostrabile.

Ma al di là delle prove scientifiche credo possiamo sperimentare direttamente gli effetti benefici della gentilezza sia quando riceviamo un atto gentile, sia quando ne facciamo uno.

Dominique Cappa

 

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