Stefania Colombo/ luglio 1, 2021/ articoli, Stefania Colombo/ 0 comments

Le cose che non vorresti accadessero invece accadono?

“Se continui a ripetere che le cose andranno male, hai buone probabilità d’essere profeta.”
Isaac Bashevis Singer

Tutti noi abbiamo vissuto qualche situazione che ci ha profondamente ferito o spaventato. Possiamo avere queste situazioni ben impresse nella nostra mente o possiamo averle sepolte nel nostro inconscio, ma queste esperienze rimangono nello spazio della nostra anima, come mine inesplose, dalle quali ci sforziamo di tenerci a debita distanza. Tendiamo ad affrontare in punta di piedi le situazioni che ci fanno male, voltando le spalle alla paura e fuggendo da ciò che temiamo, ma tutte le questioni che rimangono irrisolte finiscono per ripresentarsi.
Così, anche senza volerlo, tocchiamo ogni volta proprio quella ferita che più ci spaventa; l’abbandono, la solitudine, il rifiuto, la sensazione di non valere nulla e non essere amabili, il fallimento…

Queste situazioni tendono a riproporsi, come se la vita ogni volta ci ponesse di fronte l’occasione di risolvere quel dolore e di chiudere quella esperienza in un modo più costruttivo. Non cogliere l’occasione, evitare di risolvere la situazione, ci porterà di nuovo allo stesso punto e con lo stesso problema, ma ingrandito. Ogni volta questo mostro diventerà un po’ più grande ed acquisirà potere, nutrendosi della nostra stessa paura.

Ecco alcuni esempi:

– Sara ha 40 anni e tutte le sue relazioni di coppia finiscono male. Ha subito infedeltà, violenza e anche la mancanza di impegno da parte dell’altra persona coinvolta nel rapporto.

Sara teme l’abbandono e questa paura la rende cieca e non le permette di leggere correttamente i segnali che arrivano dal suo partner. Cerca qualcuno che la rassicuri, che le prometta di non ferirla, di non lasciarla, senza rendersi conto che in questo modo pone la sua vita nelle mani dell’altro. Ha paura di restare sola ed è per questo che, finché non avrà superato questa paura, le sue relazioni continueranno a finire male.

– Diego ha 28 anni e non riesce a trovare un lavoro. Ne ha avuto qualcuno, ma sono durati tutti pochi mesi o pochi giorni. Quando si presenta a un colloquio raramente lo richiamano.

Il problema che ha Diego è che ha una grande paura del fallimento, tale paura lo rende terribilmente insicuro e in cerca di rassicurazioni. Finché non affronterà la sua paura non potrà essere convincente

Ma come si esce da questa ripetitività?
Innanzitutto è necessario rendersi consapevoli della propria ferita e della paura che scaturisce da essa. Se ciò non avviene il rischio è di continuare a trascinare ciò che un giorno ha scatenato la paura, senza che oggi ve ne sia davvero motivo. La paura ci allerta di un pericolo imminente contro il quale dobbiamo agire, fuggendo oppure attaccando. Tuttavia, quando diventa un fardello sulle nostre spalle e si trasforma in ansia, essa inizia a condizionare le nostre azioni e persino le nostre percezioni e i nostri pensieri. Quando la paura ci limita e ci causa insicurezze è necessario fronteggiarla.
Un primo passo per affrontare tale paura è scoprire cosa abbia generato la nostra ferita; quale esperienza, situazione passata o quale relazione ci ha condizionati ferendoci.

Ricordiamoci che i nostri primi anni di vita sono quelli più significativi per le esperienze che avremo a seguire, perché formano il nostro carattere, la nostra personalità, l’idea che abbiamo su di noi, sulla vita e sugli altri. Idee e convinzioni che influiranno su il nostro agire e il nostro sentire.

Quando siamo stati feriti, quindi, spesso, eravamo dei bambini, senza gli strumenti necessari per capire ed affrontare la situazione che avevamo davanti. Ci trovavamo In balia degli eventi e delle relazioni, impotenti di fronte a ciò che li generava. Oggi invece, quando queste situazioni si ripresentano, noi le affrontiamo da adultiI, con altre possibilità sia di azione che di pensiero.
Realizzare che oggi possiamo muoverci all’interno di queste situazioni in modo diverso ci aiuta a riscrivere la nostra storia.
Riacquistando il potere sulla nostra vita, come adulti, possiamo dare nuovi significati a ciò ci accade. Spesso il male nasce dal senso che attribuiamo all’evento; i nostri gesti, le possibilità che ci diamo e le azioni che scegliamo di evitare sono ricollegate spesso all’idea con cui abbiamo classificato l‘esperienza vissuta.
Realizzare che oggi siamo degli adulti ci aiuta ad entrare in contatto con il nostro bambino ferito rassicurandolo e a ridimensionare la nostra paura, permettendoci di sentire che abbiamo la possibilità di cambiare gli eventi e il potere di scegliere come stare oggi nella nostra vita e in ciò che ci accade.
A questo punto non ci importerà più di evitare le situazioni che ci fanno soffrire, perché sapremo dentro di noi di poterle affrontare in un modo diverso; esse diventeranno occasioni di crescita e non conferme delle nostre paure più profonde.
E quando non saremo più impegnati a temere il peggio sapremo accogliere il meglio che la vita ci offre.

 

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