Stefania Colombo/ dicembre 15, 2019/ Stefania Colombo/ 0 comments

“Si piange e si ride con gli stessi occhi.”

Quasi tutti i miei pazienti, soprattutto le prime volte, si scusano con me se parlandomi di qualcosa che per loro è doloroso, non riescono a trattenere le lacrime e piangono.

Lucia è al terzo colloquio e mi sta parlando di quando ha scoperto che il fidanzato la tradiva con una sua amica. Improvvisamente le si incrina la voce e non riesce a trattenere le lacrime; subito però si asciuga gli occhi e mi chiede scusa.
Le chiedo: “Perché ti scusi?”
Lei risponde: “Mi spiace non volevo piangere.”
Siccome io non sono per nulla infastidita dalle sue lacrime, le chiedo se per caso lo sia lei, e se le dia fastidio piangere o piangere di fronte a qualcuno.
Lei ci pensa un attimo e poi mi dice: “È vero, forse sarà perché da piccola mi hanno insegnato che piangere non serve a niente.”

PIANGERE NON SERVE A NIENTE.
Ecco un primo costrutto che dobbiamo abbattere, una convinzione che sicuramente non ci porta a stare meglio nella vita, non è non piangendo che si soffre meno, anzi.
Questa idea porta spesso a reprimere la nostra tristezza, il dolore o la frustrazione, ma ciò non significa che questi sentimenti scompaiano, li abbiamo semplicemente nascosti. A lungo termine, questa repressione può provocare problemi più seri. Innanzitutto, continuando a nascondere le nostre emozioni al mondo, finiremo per  nasconderle anche a noi stessi. Queste emozioni represse si ripresenteranno sotto forma di stress, tensione, nervosismo o potrebbero anche sfociare in fastidi fisici come mal di testa, disturbi digestivi, tensione muscolare, vertigini, eruzioni cutanee.

Il pianto invece ha molti benefici sia fisici che psicologici. il pianto ci permette di rilassarci, liberandoci da rabbia e stress. Ad ogni lacrima, infatti, liberiamo alte dosi di adrenocorticotropina, un ormone che racchiude cortisolo e corticosterone, che si sprigionano quando nel corpo c’è una certa tensione. Le lacrime ci aiutano anche a liberare anche degli ormoni, che funzionano come analgesici naturali.
Inoltre, il pianto aiuta gli altri ad entrare in empatia con noi e a comprendere la nostra situazione e il nostro dolore.

Luca 45 anni sta attraversando una separazione. È lui che ha scelto di uscire di casa in questo momento. La moglie che è arrabbiata con lui non gli permette di vedere i figli liberamente e lui ne sente la mancanza, anche perché si è sempre occupato molto di loro, partecipando anche a tutte le loro attività. Mentre mi racconta di questa mancanza si mette a piangere sommessamente. Si sente che è un gran dolore, ma fatica a lasciarsi andare al pianto. Anche quando lo invito a respirare e a lasciare uscire le sue lacrime si trattiene, stringe la mascella serra i pugni: si dice che non vuole essere un debole, che non può lasciarsi andare.
Gli chiedo perché mai ha questa idea, perché pensa che piangere lo renda più debole?
Mi dice che da piccolo, quando assisteva alle violente sfuriate del padre, sua madre si metteva a piangere e lui la consolava. Pensava che la madre fosse debole e che lui dovesse essere forte anche per lei.

CHI PIANGE È UN DEBOLE. Ecco un’altra enorme falsità.
In realtà, chi si permette di mostrarsi triste e di piangere, è capace di accogliere le proprie emozioni anziché fuggirle. E proprio perché ha il coraggio di sentire le proprie emozioni e di lasciarsi attraversare da esse, sarà in grado di modificare la propria situazione per tornare ad essere felice. Inoltre, chi è capace di entrare in contatto profondo con il proprio dolore, è in grado anche di empatizzare con il dolore degli altri.

Alessia mi sta parlando di una brutta situazione che sta traversando sul lavoro e di come lei sia stata ingiustamente accusata di un errore. Mentre lo fa si mette a piangere, ma subito si stizzisce e si arrabbia con se stessa dicendo che non vuole passare per vittima, che la colpa è sua perché si fa sempre mettere i piedi in testa.
Le rimando che a me invece pare proprio che lei sia rimasta vittima di un’accusa ingiustificata, e che credo che sia normale che questa la faccia arrabbiare e la addolori.
Alessia mi risponde che non vuole essere come sua madre che ogni volta che vuole attirare l’attenzione su sè stessa fa la vittima, piange e si lamenta della sua situazione senza far nulla per cambiarla

CHI PIANGE NON SEMPRE LO FA PER ATTIRARE L’ATTENZIONE.
A volte, il pianto oltre ad essere la manifestazione di un dolore profondo, può essere anche un modo per scaricare una forte tensione causata da un’arrabbiatura inespressa o da un senso di impotenza o di ingiustizia subita. Il pianto può favorire il ritorno dell’equilibrio psichico e fisico poiché le lacrime migliorano la nostra respirazione ,e ci permettono di scaricare così lo stress subito .

Controllare il pianto vuol dire non mostrarci limitando la nostra vitalità
NASCIAMO PIANGENDO. È il nostro primo modo per dichiarare la nostra presenza e vitalità.

Il neurologo Michael Trimble sostiene che il momento in cui la lacrima è divenuta un grido di aiuto e un segnale di sofferenza emotiva sia stato fortemente collegato con la nascita dell’auto consapevolezza e con la crescita del cervello sociale. La lacrima insomma rappresenta uno spartiacque emotivo nell’evoluzione umana che ha iniziato anche ad affermarsi con il crescere dell’empatia verso gli altri esseri della nostra specie. E la consapevolezza che questi possono andarsene, magari per sempre.
Da qui dovremmo dedurre che la capacità e la possibilità di piangere è di quegli esseri umani consapevoli di se’ stessi e capaci di contatto profondo con ciò che provono e di conseguenza più in contatto con gli altri.

Quindi, se vi vienisse da piangere
PIANGETE
PIANGETE
PIANGETE
e non scusatevi per averlo fatto!

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